Storie

Una poetica maestra, Gisella Passarelli

gisella passarelliGisella Passarelli (17 ottobre 1913 – 11 luglio 2010) è stata una poetessa, scrittrice e giornalista italiana.

Nativa di Morbegno, ha vissuto e operato perlopiù a Milano ma ha mosso i suoi primi passi poetici e professionali anche in provincia di Sondrio, ricoprendo il ruolo di insegnante supplente anche presso la scuola di Sirta nell’anno 1934.

La sua produzione letteraria è ricca e varia, spaziando dalla poesia alla prosa. Ha collaborato con importanti quotidiani e periodici, tra cui "Il Giorno", "Il Tempo" e "Il Corriere della Sera". Tra le sue opere poetiche si ricordano "Sette giorni d'eternità", "In punta di piedi nell'universo", "I nostri immensi occhi" e "Il giro del mondo in 80 poesie". Oltre alla poesia, Gisella Passarelli si è dedicata anche alla prosa, pubblicando un romanzo, "Il pianoforte di Beatrice", e diversi racconti. Ha inoltre scritto un poema epico-pastorale dedicato a Bona Lombarda, figura storica di grande rilievo per la Valtellina, e un Inno della Valtellina, musicato dal maestro Irlando Danieli. La sua opera è stata premiata con numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Viareggio, il Premio Carducci e il Premio Montale.

La poetica di Gisella Passarelli si caratterizza per profondità di pensiero, ricerca introspettiva, attenzione al tema della natura uniti ad uno stile lirico e musicale. I suoi versi, capaci di esprimere con delicatezza e forza i moti dell'anima e le riflessioni sul senso della vita, hanno lasciato un segno indelebile nel panorama letterario italiano del Novecento.

L’esperienza dell’incarico come insegnante a Sirta e soprattutto il tragitto dalla stazione di Ardenno verso la scuola nei mesi autunnali furono d’impatto per l’autrice, che trovandosi davanti alla cappelletta del ponte si lasciò ispirare nella composizione di una poesia che si riporta insieme alle parole del diario che la precedono:

Sirta mercoledì 7 novembre 1934

cappelletta al ponte di SirtaSono le otto e sono qui triste, sola e sperduta in una stanza grande e semibuia con tanti banchi e tanto freddo intorno. 
Sono giunta qui l’altro ieri 5 novembre e in questo modo ho iniziato quest’anno il mio duro cammino sola fra i campi molli dalla pioggia che cade continua fra raffiche di vento, fra cadere di foglie ingiallite, fra grigio, grigio e grigio: grigio di massi e di nubi che incombono su questo paesello montano quasi volessero soffocare la vita per togliere tutto e lanciarlo in balia degli elementi che dominano questo mese triste di novembre che ha avvolto questa povera maestrina, ha segnato il suo cammino, le ha dato una piccola croce da portare lungo la via che ogni mattina percorre verso la meta grigia cogli occhi velati di lacrime, con nel cuore la cupa malinconia, con sulle labbra e negli occhi l’ombra del pianto che ha fugato il suo bel sorriso! E là sulla strada presso il ponte nero ogni mattina sosta davanti a una cappelletta grigia in cui sorride una Vergine fra i gigli a cui alcuni versi di quel poeta “dai grandi destini” si elevano domandando benedizione e forza per il cammino d’ogni giorno che va per non più tornare. E là ella impara a prendere in pace la sua piccola Croce e ritorna rassegnata alla scuola ove più di 45 bimbi di prima e seconda l’attendono. E così passano i giorni e viene la sera e a sera ritorna di nuovo sul suo cammino: piove, soffia il vento, è sola e stanca, ma il suo passo s’affretta, il suo volto sorride el bel Volto della Cappelletta, fra la via dei campi che ora la riconducono a casa, sì a casa sua ove una mamma attende ansiosa il suo ritorno per circondarla di cure e d’affetti, nella bella intimità famigliare ove tutto ridona il sorriso e riempie il cuore di palpiti e di nuove speranze. E se qualcosa ti solleva lungo il tuo viaggio solitario che ti porta quassù è quella Musa lieve che t’accompagna sola anche quando tu sei sola, e che ti fa cantare così: 

Furor di nembi; raffiche di vento,
scrosciar di pioggia: è il tuo cammino
o bimba, che vai con passo lento
e stanco, sola fra i campi per il tuo destino!

E quando spunta l’alba d’ogni dì che fugge,
per non più tornare, la tua via percorri 
con sul volto l’ombra, che il pensier distrugge,
della meta grigia, il tuo sorriso vago! E corri 

allora per la via fra i campi, che porta
a un ponte nero sopra corso d’Adda; e presso
il ponte ti fermi, per levare il volto, assorta,
sopra un altro volto che su te riflesso,

pare sorrida e sproni a camminare.
E là tu in pace prendi la tua croce e vai
pel tuo cammino, poi che ascoltasti presso muto altare
le chiuse voci che tu già ben sai.

E la sera quando l’aria imbruna 
ritorni ancora sulle grigie orme del tuo destino.
Ma il destino ti riporta a sera, o prima,
o vaga bimba, all’altra meta del tuo cammino. 

E pur tra il vento e l’acqua, il volto tuo sorride
al bianco volto che ti guarda andare 
con lesto passo, mentre il cor tuo ride
poi che qualcuno attende al tuo tornare!

Gisella Passarelli1

Note:
1 Dai diari di Gisella Passarelli conservati presso la Biblioteca Civica Ezio Vanoni di Morbegno.

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